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Travel counseling ®: cos’è e come aiuta se non si può viaggiare

Ho conosciuto Alice Bianchi come docente del corso per Inspirational Travel Designer. Una donna libera, per cui il viaggio costituisce un’esigenza primaria, un’occasione terapeutica e di crescita personale; tanto da studiarne dinamiche ed effetti, scrivere un libro e diventare la prima Travel Counselor ®.

Le ho posto alcune domande su come questa “reclusione” forzata dal coronavirus influisce, in particolare sulle persone per cui il viaggio è una costante e una componente importante della propria vita. Ecco la sua generosa condivisione, che spero possa essere d’aiuto a tantissime persone.

Per chi non ha avuto come me la fortuna di conoscerti, puoi presentare brevemente chi sei e cos’è il Travel Counseling ®?

Mi chiamo Alice, ho 31 anni e da quando ho scoperto il viaggio, a 18 anni, non ho più smesso. Ho viaggiato per tanti motivi, per curiosità, per scoperta, per mettermi alla prova e poi, a seguito di un evento drammatico, per curarmi.

Ovviamente non sapevo molti dei perché dei miei viaggi nel momento in cui li stavo compiendo, ma li scoprii col tempo, a poco a poco, ogni qual volta apprendevo nuovi strumenti di consapevolezza.

Molto spesso mi sono sentita solo ed incompresa nelle mie partenze, come nei miei ritorni, ed ho desiderato spesso che qualcuno potesse accompagnarmi ed aiutarmi nei miei momenti delicati. Qualcuno che vedesse, come me, il viaggio come risorsa e strumento e non come facile risposta di fuga.

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È proprio per questo che nasce il Travel counseling®: l’idea di unire strumenti del counseling gestaltico integrato al viaggio vero e proprio. Io credo che il viaggio sia davvero uno strumento di cura.

Questo l’ho visto, non solo in me, ma anche nei gesti di molti viaggiatori incontrati per il mondo. Credo davvero che, trovare un modo per mettersi in gioco nella vita, e farlo in modo consapevole, possa realmente essere un momento per scoprire parti di noi, metterci alla prova e poter così superare momenti di crisi e difficoltà. Inoltre, conoscere i nostri limiti e le nostre risorse prima della partenza ci permette di partire con lo zaino adeguato alle avventure (interiori ed esteriori) che il viaggio avrà da offrirci; sapremo far fronte ad imprevisti e sapremo essere aperti agli incontri, nell’accoglienza e nel lasciar andare.

Tu sei una di quelle persone per cui il viaggio è essenziale; come affronti una quotidianità “rinchiusa” e la mancanza di un orizzonte temporale in cui si potrà di nuovo circolare liberamente? 

Questa è una bella domanda. Perché oltre ad essere “una persona per cui il viaggio è essenziale” sono anche una persona che se si sente rinchiusa o limitata soffre, si arrabbia e si ribella.

Perciò questo mese è stato molto difficile per me. Non è tanto il “non so quando potrò tornare a viaggiare” ma piuttosto il “non posso spostarmi adesso“. Non posso andare a fare un giro in bici, non posso vagare senza meta, non posso tornare alla mia terra per vedere il mare, non posso abbracciare i miei amici.

Io non credo di essere l’unica a soffrire per questo, e credo che questa sofferenza appartenga più che altro alle persone che sono abituate ad essere libere, che non sono schiave di lavori, impegni e scadenze. Credo che tutte le persone libere, che già sanno di avere il privilegio della libertà (per scelta o per fortuna) stanno semplicemente soffrendo e stanno faticosamente cercando un modo per uscirne in modo lucido e il più costruttivo possibile. Vivendo questo tempo di clausura come un intenso e sofferto percorso di superamento dei propri limiti.

Ho sentito tante persone dire: finalmente con il Coronavirus ho più tempo per me, posso fare cose che ho sempre rimandato. Queste affermazioni generano in me una tristezza infinita. Cosa vuole dire questo? Vuol dire che hai bisogno di una pandemia per riprendere in mano la tua vita? Forse è opportuno chiederti se la tua vita può e deve essere cambiata, ma da te, non da una catastrofe. A tutte quelle persone chiedo: hai così poco potere sulla tua vita normalmente? E perché non puoi generare tu stesso/a un cambiamento? Perché dev’essere un virus a permetterti di fare yoga o svegliarti più tardi o lavorare da casa o fare una torta? Questo virus è dannoso per molti ma forse è puro ossigeno per altri e questo dovrebbe far riflettere.

Nel tuo libro, nella sezione introduttiva in cui approfondisci le affinità simboliche tra fiaba (il percorso dell’Eroe) e viaggio, nella prima ci sono i personaggi “Guardiano della soglia” e “Messaggero”. 
Il primo “mette alla prova, creando difficoltà. Apparentemente è un nemico, ma può essere sorpassato o trasformato in alleato. Ha a che fare con i demoni interni dell’Eroe. Lo ferma perché lo riporta alle sue ferite emozionali, vizi, dipendenze, limiti che si pone da solo”. Il secondo, “comunica l’inizio dell’avventura, il cambiamento che arriva, la sua necessità. E’ l’incidente scatenante”.

Secondo te, il coronavirus può rappresentare uno dei due, stimolando una “partenza” per ciascuno di noi? 

Ricollegandomi alla risposta precedente credo che il Coronavirus sia per alcuni un’opportunità reale per guardare in faccia i propri limiti, farci i conti tutti i giorni e trovare soluzioni per superarli. In altre parole è il guardiano della soglia, il demone di ognuno che si materializza e con cui si è costretti a scendere a patti per superare i propri limiti e poter rinascere con nuove risorse e consapevolezze.

Per altri invece il Coronavirus assume le sembianze del messaggero, è quell’elemento che risveglia e che fa chiedere: che vita ho vissuto finora? Come voglio che prosegua la mia vita d’ora in avanti. Nulla è più un lusso che darò per scontato, stare distesa in una spiaggia, bere un calice di vino in un bar affollato, abbracciare un amico, è un lusso che non possiamo permetterci di sprecare: la mia vita ed i miei sogni sono qualcosa di cui devo prendermi cura.

Io credo che quando tutto questo sarà finito, il mondo non sarà uguale a prima, noi cercheremo nel mondo qualcosa che sarà sparito e sarà a quel punto che dovremmo rivedere noi stessi, ricominciare ad apprezzare realmente alcune cose semplici, riprendere in mano la nostra vita, i nostri sogni e cercare di realizzarli perché tutto può cambiare, in qualsiasi momento. In questo senso sarà una nuova partenza per ciascuno di noi.

In questo momento si può comunque lavorare su tutto questo: io l’ho chiamato counseling dell’immobilità ed è aperto a chiunque, siamo tutti, adesso, viaggiatori dentro noi stessi.

Sempre citando dal tuo libro: “Viaggiatore, se decidi di percorrere questa strada, la quotidianità sarà il tuo “altrove”. Hai qualche consiglio per riscoprirci attraverso una quotidianità diversa, e forse limitata, rispetto a prima?

Non credo di avere consigli, ma ho un quintale di fatiche che posso condividere.

Credo davvero che un viaggiatore sia viaggiatore tutta la vita e in tutti i contesti. Se impari a vivere viaggiando puoi trovare avventure e sfide dietro ogni angolo.

Per me, che mi sento appartenere al primo gruppo, quello che ha perso la libertà, -un tesoro inestimabile che proteggeva con tutta l’anima- questa reclusione è dolorosa. Dopo molti giorni di difficoltà ho capito una cosa importante: questo periodo sarebbe stato il momento per superare miei limiti personali. Uno ad uno (perché l’universo è davvero generoso) mi sono arrivate una serie di difficoltà. Sono stata costretta ad attingere a tutte le mie risorse, a guardare negli occhi i miei limiti e a farci i conti. Sto imparando lentamente ad avere pazienza, a “stare”, stare ferma, zitta, a non lavorare (perché non ho più lavoro), a non avere soldi (a vivere con questa incertezza), a non progettare (perché è tutto immobile), a fare le cose un po’ alla volta perché così durano di più, a perdere tempo, a bruciare i biscotti (e ad accettare che si sono bruciati), a non andare in bici, in moto, a piedi, al mare, in montagna, ad abbracciare mia nonna, a vedere i figli dei miei amici crescere. Tutte cose che per me sono sempre state vitali la cui privazione vivevo come un affronto personale.

Ho iniziato a pensare in modo semplice, più leggero, ad apprezzare alcune cose che probabilmente non avrei notato altrimenti, nel mio andare e venire e fare progetti.

Ad oggi, le cose che mi fanno stare meglio sono queste:

travel counseling immobilità
  • vedere la mia pianta grassa fare i fiori e sbocciare (è lentissima)
  • aprire la finestra quando il vicino mette la musica, così la ascolto anche io
  • commuovermi nel vedere, nel cortile di fronte, un papà che gioca a calcio col figlio, in un anno non li avevo mai visti.
  • ascoltare gente che legge libri
  • dipingere cornici
  • stampare vecchie foto
  • bruciare i biscotti
  • telefonare e ricevere messaggi di amici instancabili.

Alcuni giorni è ancora difficile, altri è più facile, sto iniziando a capire che se sto così, in fondo al pozzo forse potrà uscire qualcosa di importante. Se ogni viaggio è cambiamento per me, questa quotidianità, è più viaggio di qualsiasi viaggio. E se qualcuno si sente come me gli direi: coraggio, non sei solo/a, ci ritroveremo laggiù e saremo diversi. Tutta questa fatica non sarà vana.

Concludiamo con toni più leggeri: qual è stato il viaggio più bello che hai vissuto fino ad oggi? Quale sarà il primo che farai, appena potremo tornare a viaggiare?

Il viaggio più bello non si può dire, ognuno è stato bello, a suo modo. Però il viaggio più stravolgente è l’ultimo, in India e Nepal, è fresco fresco, sono tornata a fine gennaio quando già incombeva l’incubo del coronavirus. Quando ci ripenso penso a come staranno vivendo loro tutto questo, a quanta gente muore là, per ogni tipo di malattie, per cui il coronavirus è solo un “mostro tra i tanti” e a come loro sono capaci di leggere la morte come elemento integrante della vita, come una fase, un passaggio. E a quanto noi siamo incapaci di vedere la morte in questo modo, a quanto ci sentiamo indistruttibili a quanto, solo oggi con il coronavirus, con l’idea della morte così possibile e così vicino, stiamo capendo che la vita è un dono e che come tale dovremmo trattarla.

Appena si potrà, col mio compagno, andremo in Sardegna, in moto. Mi è venuta una voglia matta di vedere meglio tutto quello che ho vicino, sarà già frutto di questa trasformazione?

Torneremo presto a sentirci liberi.

Grazie di cuore, Alice!

Spero che questa conversazione sia utile a te che leggi, per sentirti meno perso/a e avere fiducia che da questa pausa forzata usciremo migliori (o almeno, è un’occasione per provarci).

Oltre al libro scritto da Alice, puoi cercare ispirazione anche da “L’arte della quiete. Come viaggiare stando fermi” di Pico Iyer.

Nel frattempo, ti invito a scoprire qual è la motivazione che ti spinge a partire, con il test “perché viaggi?” sul sito di Alice, e a metterti in contatto con lei per approfondire la tematica del Travel Counseling o iniziare un percorso. Buon viaggio!!